Un'esperienza da comunicare

Intervista al Prof. Lucio Cadeddu, Ricercatore di Matematica dell'Università di Cagliari

Incuriositi dal suo ammirevole coinvolgimento con gli studenti abbiamo intervistato il Prof. Lucio Cadeddu, impegnato quest'anno come Docente del Corso di Analisi 1 nel Corso di Laurea in Fisica. Ha così risposto ad alcune domande relative alla didattica.

Le Clou >
Il principio su cui basa qualsiasi centro universitario è ridotto alla parola insegnare, cioè alla trasmissione di contenuti che contribuiscono all'abilitazione professionale.
Non è un po' riduttivo esaurire qui il senso della docenza universitaria?

LC >
Si, è sicuramente riduttivo perchè penso che lo scopo principale dell'Università sia proprio quello di insegnare alle persone a formarsi.
Le scuole superiori devono fornire degli strumenti di base che sono indispensabili, l'Università dovrebbe poi fornire dei metodi, insegnare agli studenti sia come studiare, sia come affrontare determinati argomenti che non si conoscono e così avere gli strumenti per lavorare anche in modo autonomo.
Non è compito facile perchè molti studenti si limitano a vedere l'esame finale come uno scoglio da superare con l'aiuto di un certo numero di nozioni mentre dovrebbe essere pensato come un insieme di ragionamenti, di idee, di tecniche e di modi di aprendere nuove cose che poi andranno messe a frutto nel futuro. E' più un procedimento dinamico che consequenziale.

Le Clou >
Pensa faccia parte del ruolo del docente la parola educazione, nel senso di uno sforzo per aiutare la persona a raggiungere la propria maturità umana e non solo diventare bravi matematici, ingegneri o fisici.

LC >
Questo è certamente auspicabile anche se difficilmente realizzabile perchè si rischia di utilizzare molto tempo per cose che poi potrebbero avere una validità molto ristretta.
Se il docente si ponesse anche come educatore il rischio sarebbe che ne potrebbe venir fuori un risultato troppo limitato, sia dalle idee personali del docente stesso sia dalla sua capacità di comunicare.
Bisognerebbe cercare di indirizzare, dare delle idee allo studente che spesso ignora come sia la realtà esterna, quella del mondo del lavoro, della professione o persino lo stesso microcosmo universitario.
Io ogni tanto cerco di raccontare ai miei studenti le mie esperienze, indicando quali secondo la mia opinione sono gli atteggiamenti giusti per ottenere il meglio dall'università in primis e dal mondo del lavoro poi, come meglio presentarsi ad un esame come ad un colloquio professionale.
Racconto queste esperenze perchè quando ero studente avrei voluto che ci fosse stato qualcuno che mi avesse fornito indicazioni di questo genere, piuttosto che consigli talvolta inutili o persino fuorvianti.

Le Clou >
Lo studente medio sostiene certi esami per liberarsene al più presto. Ciò capita per attitudine dello studente o è colpa del docente che non gli comunica una reale passione per la materia?

LC >
Un po' entrambe le cose. Ci sono studenti che sono all'Università più o meno parcheggiati, perchè non trovano altre risposte a quello che desiderano nel mondo del lavoro e per intanto si iscrivono ad un Corso universitario ed altri che sono stati formati in modo tale da vedere tutte le cose come degli ostacoli da superare.
Poi c'è una parte del corpo docente che per motivi diversi non ama troppo il proprio lavoro e magari lo fa giusto perchè si deve fare. Molte volte quest'ultimo atteggiamento è conseguenza anche della scarsa risposta degli studenti: il docente che dopo tanti anni di batoste e di riscontri inesistenti si demoralizza e tira i remi in barca.
Alcuni docenti poi probabilmente non hanno mai capito come bisogna fare il proprio mestiere. Ci sono persone che non si sono mai preoccupate di migliorare il proprio metodo didattico. Per fare bene queste cose occorrerebbe persino seguire dei corsi speciali finalizzati a questo scopo.
Conoscere un argomento non implica necessariamente saperlo spiegare. E', come si dice, una condizione necessaria ma non sufficiente

Le Clou >
La vera educazione nasce e si sviluppa sempre come amicizia. Qual'è secondo lei il motivo per cui il rapporto tra studente e docente viene ridotto all'indispensabile che non si può evitare, guardato con diffidenza appena sfonda questo muro di indifferenza?

LC >
Alcuni preferiscono mantenere una buona distanza dal corpo discente per ragioni principalmente psicologiche, perchè non amano confrontarsi, magari perchè c'è un salto generazionale che impedisce de facto una comunicazione ottimale.
Non penso ci siano grandi soluzioni. A volte gli studenti vedono il docente come una sorta di deus ex machina che pontifica dall'alto.
Forse qualche docente, da questa venerazione, ne trae in qualche modo vantaggio perchè quando qualcuno vuole evitare il confronto basta che si erga su un piedistallo, magari giocando a non farsi capire (vecchio trucco...).
Talvolta invece persone che tentano di essere molto disponibili e alla mano vengono sottovalutate.
Questo è assurdo ma non è un difetto ne' degli studenti ne' dei docenti, ma della nostra società che tende a valutare molto dalle apparenze.
Nell'insegnamento la tecnica del banalizzare concetti molto complessi serve invece a far ragionare e far comprendere anche le cose che sembrano più complicate e che invece sono semplici ed intuitive.
Vorrei che la gente imparasse a guardare la matematica per ciò che in realtà è: concetti con significati concreti molto evidenti...basta solo imparare a vederli.

Intervistatori: Andrea Urru e Mauro Badas per il mensile Le Clou, Anno X, No. 3, Marzo 1998